BULLISMO = MOBBING IN ETA' EVOLUTIVA
Il 71% dei bulli in ufficio sono donne?



Ma è possibile? Lo scrive il NYT, Luigi si chiede se anche in Italia sia così. Tutte noi abbiamo da raccontare storie di invidia, di arroganza, di non merito che trionfa contro l'evidenza dei fatti, se sia bullismo non saprei dire. Se però questo accade, mi sento di aggiungere, è perchè le "bulle" con i loro comportamenti spesso sono protette e rassicurate dai capi e colleghi, maschi,a cui la rivalità tra donne e l'insturarsi di un clima di disarmonia e prevaricazione sul lavoro fanno gioco. Tra i punti elencati dal post a spiegazione dei dati, il 3 mi sembra illuminante. Aggiungo però, anche di avere sperimentato personalmente e più volte la solidarietà femminile, la sorellanza tra donne che fanno lo stesso lavoro o che lavorano insieme. Accade, di solito, tra donne che hanno lo stesso valore. E che ne sono consapevoli: del valore e della necessità di aiutarsi , tra noi, per affermarlo
di Luigi Ballerini.- Lo ha rivelato una ricerca svolta nel 2007 dal Workplace Bullying Institute in partnership con Zogby International, sulla base di 7,740 interviste online capaci di costituire un campione rappresentativo della popolazione adulta US (margine di errore +/- 1.1 punti percentuali)
Tale indagine è stata recentemente ripresa da Mickey Meece nella rubrica Business del New York Times portandola di stridente attualità.
Primo dato della survey: il 37 % dei lavoratori ha subito atti di bullismo. Si potrebbe parlare di una situazione a carattere epidemico senza il timore di esagerare.
Tra gli altri key finding: la maggior parte dei bulli sono capi (72%), il bullismo ha una frequenza quattro volte maggiore delle cosiddette molestie illegali, il 45% delle vittime soffre di problemi di salute correlati allo stress, il 40% delle vittime non dichiara il bullismo al proprio datore di lavoro e solo il 3% si rivolge a legali.
A un certo punto però un dato balza all’occhio, proprio quello ripreso dal NYT nel suo titolo: “Backlash: Women Bullying Women at Work”, che potremmo tradurre come “Un colpo di frusta: donne che esercitano il bullismo sulle altre donne al lavoro”.
Ci sono più bulli in ufficio tra gli uomini (60%) che tra le donne (40%), ma se andiamo a vedere il target dei loro atti di bullismo scopriamo che ben il 71% delle donne esercita azioni contro altre donne. Gli uomini invece si rivolgono nel 54% dei casi contro altri uomini, e nel 46% verso le donne.
Diverse possono essere le ragioni di questo comportamento, soprattutto di questa sconcertante mancanza di solidarietà fra donne sul lavoro. Verrebbe da pensare: per una donna è già così difficile andare avanti, fare carriera, poter dimostrare le proprie capacità e potenzialità che ci si devono mettere anche le colleghe a intralciare la strada, fare sgambetti e rovinare la vita?

L’articolista del NY Times cerca delle possibili giustificazioni al fatto che le donne aggrediscono altre donne:

1.. è più facile esercitare bullismo su una donna che probabilmente risponderà con minor aggressività;
2. la situazione per le donne sul lavoro è così difficile da generare un’incontrollata aggressività;
3. le donne capiscono che per andare avanti devono per forza sgomitare
Insomma sembra prevalere il vecchio motto: mors tua, vita mea. Per andare avanti io, devi farti indietro tu. Aiutare una collega quindi potrebbe a tutti gli effetti mettere a rischio la propria progressione di carriera.
Potrebbe però configurarsi il caso tipico di un altro motto, forse ancora più triste del precedente:
forte con le deboli e debole con i forti.
In un modo o nell’altro, se questi dati US sono applicabili anche da noi, la situazione appare delle più sconfortanti. Le donne sembrano “sharpen their elbows”, affilare i gomiti. Anche da noi diciamo sgomitare, ma qui fa ancora più male. Che tristezza, continuiamo ad avere più bisogno di nemici da combattere che di alleati con cui fare partnership. Impariamo a difenderci innanzitutto. Se poi sul posto di lavoro troviamo almeno un amico o un’amica, teniamocelo stretto e ripartiamo da lì. Solo forme nuove di solidarietà partecipata e sincera possono sconfiggere i cattivi e le cattive. Perché esistono davvero, non solo nei libri delle favole.
Ragazze terribili: in Inghilterra raddoppiano i reati del sesso debole»

159 crimini al giorno, commessi da adolescenti fra i 10 e i 18 anni. E i conservatori accusano Brown

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA – Mamma mia come sono “cattive” le ragazze inglesi. Rubano, aggrediscono, devastano. Altro che aspiranti lady, altro che educande. Qui c’è poco da stare allegri. I maschi stiano all’erta. Perché le giovani signorine si stanno superando pur di rubare posto e ruolo ai colleghi del “sesso forte”. Hanno affilato unghie e coltelli da che nel 2006 Kelly Rose ne piazzò uno nel ventre della rivale in amore, la sedicenne Tracy. O da che, sempre nel 2006, Chelsea, quattordicenne, filmò col telefonino tre compagne che picchiavano un passante e poi uccidevano, senza ragione, un barman. A leggere l’ultimo rapporto del ministero delle giustizia inglese viene da rabbrividire. Eppure non sembrerebbe.

ALCOL, RAPINE, VIOLENZE - Abuso di alcol, rapine, violenze, bullismo, un campionario di reati declinato al femminile. E’ una moda, si fa per dire, che irrompe: la “ladette culture”, così si chiama. In altre parole, prendendo per chiarezza a prestito il dizionario: «La single che ama divertirsi ostentando comportamenti tipicamenti maschili». Schiamazzi, volgarità, insulti, esibizione di muscoli e di forza. Un repertorio invidiabile. Come non mai. Da un anno all’altro i reati sono raddoppiati. La bellezza di 159 crimini al giorno, 58 mila in dodici mesi, commessi da fanciulle e adolescenti in età fra i 10 e i 18 anni. In testa le offese all’ordine pubblico, poi i furti e gli assalti con “l’aggravante della motivazione razziale” (ben il 113 per cento in più). Che succede nella patria della tolleranza? Scandalo su tutti fronti. Pochi ne riescono a dare una spiegazione. Un ricercatore, Roger Grimshaw, del King’s College di Londra ricorda che le donne «sono più sicure quando escono in gruppo. E in certe circostanze, se esplode il conflitto, possono sentirsi tutte coinvolte». Una per tutte, tutte per una.

I RISVOLTI POLITICI - I Tory soffiano sul fuoco, perché anche questo è colpa dei Labour e di Gordon Brown. Il popolare Daily Mail ne fa la storia di apertura del giornale, tanto per vendere qualche copia in più. Ma se ne occupano pure il conservatore Daily Telegraph e l’attento Times che ne costruisce l’intera terza pagina. Con l’aggiunta di un dato: 1 milione e 230 mila maschi arrestati, 251 mila femmine. E un titolo di spiegazione: “Il sesso non tanto gentile”. E forse è un’esagerazione. Perché a girare per Londra e per l’Inghiterra di ragazze (e ragazzi) normali con la voglia di esagerare qualche volta, ma nulla di più, ve ne sono per fortuna ancora tanti.

Fabio Cavalera
POL - Bullismo, il ring scolastico tra minacce, coltelli e telecamere

Roma, 19 gen (Velino) - Dallo scherzo fatto a parole a quello a fatti, il passo è davvero breve. Un fenomeno quello del bullismo che cresce in Europa quanto in Italia. A far rabbrividire sono i dati rilevati da un rapporto commissionato dal Nasuwt, sindacato degli insegnanti britannici pubblicati oggi dal quotidiano britannico The Independent. Un quadro davvero preoccupante quello fotografato dalla ricerca, che vede in aumento il fenomeno delle baby gang nelle scuole anglosassoni: sarebbero infatti raddoppiati negli ultimi cinque anni il numero di ragazzi minori di 16 anni coinvolti in queste bande adolescenziali. In crescita anche il numero degli studenti che a scuola o nelle vicinanze nascondono armi, preferibilmente pistole ad aria compressa e manganelli. Non c’è da stupirsi poi se si pensa che è in aumento anche il numero degli studenti muniti di giubbotti anti taglio. Dati alla mano, in una scuola secondaria possono essere coinvolti in una baby gang in media 20 ragazzi; 40 sono vicini alla banda ma non direttamente coinvolti, 100 solo marginalmente. Insomma ora andare a scuola fa davvero paura ma non solo ai ragazzi britannici. Anche in Italia il fenomeno si sta facendo sempre più preoccupante. Nel Bel Paese, infatti, un bambino su quattro è vittima dei bulli. Secondo l'ultimo Rapporto Eurispes-Telefono Azzurro sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza pubblicato oggi, oltre un quarto dei ragazzi è stato ripetutamente vittima di brutti scherzi (27,8 per cento), seguono le provocazioni e le prese in giro (26,6 per cento) e le offese immotivate (25,6 per cento).

Il 17,6 per cento è stato invece continuamente escluso e isolato dal gruppo. Nel 13,5 per cento dei casi i bambini riferiscono di aver subito furti di oggetti o cibo (13,5 per cento), percosse (11,5 per cento), minacce (11,1 per cento), ma anche furti di denaro (4,7 per cento). Sono soprattutto i maschi ad aver subito ripetutamente minacce. Fra i bambini che sono stati vittima di atti di bullismo la percentuale più elevata riferisce di essere stata presa di mira da un bambino della sua età (17,8 per cento). Di fronte al bullo sono in molti a non reagire (16,3 per cento). D'altra parte, il 13,2 per cento dei bambini ha avvertito un insegnante o il dirigente scolastico, l'11,7 per cento ha detto al bullo di smetterla, il 9,8 per cento è addirittura venuto alle mani, l'8,4 per cento ha avvertito i suoi genitori, il 7,5 per cento ha chiesto l'aiuto di altri compagni, il 5,9 per cento è fuggito, il 3,6 per cento si è messo a piangere. Circa un bambino vittima di bullismo su quattro dichiara, quindi, di aver adottato un atteggiamento passivo di fronte agli atti di prepotenza; un bambino su cinque ha, invece, reagito attivamente da solo, a parole, o con uno scontro fisico. La maggior parte (29,1 per cento) ha però preferito chiedere un aiuto esterno ai propri coetanei o, più spesso, ad un adulto, in ambito scolastico o famigliare. Ma cosa fare per arginare il fenomeno? Dalla ricerca britannica è emerso che il modo migliore per combattere il bullismo sia favorire visite guidate nei carceri, per fare in modo che gli studenti abbiano un impatto diretto con “la perdita della libertà”; così come cercare di scaglionare i momenti di uscita degli per evitare di incappare in possibili scontri tra alunni della stessa scuola o di una vicina.

Il rapporto, inoltre mette in guardia dall'espulsione automatica: già, perché cacciare uno studente potrebbe spingerlo verso la cattiva strada. Secondo Chris Keates, segretario generale della Nasuwt “le scuole dovrebbero sentirsi libere di espellere gli studenti se ne sono una minaccia per l'educazione degli altri alunni. Ma bisogna assicurarsi che gli espulsi vengano magari accolti in strutture specializzate di recupero per evitare di ricadere nel loro errore”. Ma se in Gran Bretagna la discussione è ancora aperta, in Italia una “soluzione a metà” arriva proprio oggi con il sì alle telecamere in aula per arginare il fenomeno del bullismo. Il ministro dell'Istruzione, università e ricerca, Mariastella Gelimini, in una lunga intervista a ''Il Giornale'' si dice ''favorevole, anche se è una misura che non basta. Le telecamere - aggiunge - sono un deterrente in più e 'gli istituti hanno l'autonomia ma, ripeto, la soluzione non è questa. Il problema - sottolinea il ministro - non sta in una telecamera in più o in meno ma nell'esigenza di rimettere al centro lo studente, rivisto nella sua formazione a 360 gradi”. Attualmente, secondo i dati del rapporto Eurispes -Telefono Azzurro, i bulli si puniscono soprattutto con provvedimenti disciplinari, come note o sospensioni (29,8 per cento). Il 18,8 per cento dei docenti rimprovera il responsabile, mentre il 13,9 per cento non si accorge di nulla ed un altro 8,9 per cento non interviene.