N E W S
Per arginare il 'bullismo' un corso di buone maniere
Un corso di buone maniere contro il bullismo

COMO «Violenza, aggressività e maleducazione sono sempre più diffuse tra i giovani, come dimostrano i recenti fatti di cronaca. Vogliamo rassegnarci? Noi abbiamo risposto no». Al centro studi Casnati, preso atto dell’«emergenza educativa odierna», si sono rimboccati le maniche, convinti che «la scuola deve fare la propria parte fino in fondo». È nata così l’idea di organizzare un vero e proprio «corso di comportamento». Nulla a che vedere con i precetti fissati dal galateo di monsignor della Casa, ma una serie di lezioni per insegnare l’Abc delle buone maniere ed evitare che gli adolescenti vadano a ingrossare le file dei «bulli» o, peggio, delle baby gang.
Si tratta di una novità assoluta, partita da una manciata di giorni all’istituto alberghiero «Brera» e inserita a tutti gli effetti nel programma di quest’anno scolastico. L’iniziativa, organizzata dal direttore Franco Soldaini, ha già suscitato l’interesse di altre scuole del territorio, che vorrebbero proporre qualcosa di analogo. Ed è bastato il passaparola per far arrivare la notizia fino a Milano, dove un ateneo sta pensando di attivare un corso riservato agli universitari e ha già contattato lo stesso Soldaini, che tiene personalmente le lezioni al «Brera». Basta scorrere l’elenco degli argomenti che verranno affrontati da qui ad aprile con i ragazzi delle superiori (tutte le classi sono coinvolte, un’ora alla settimana) per comprendere lo spirito che ha animato l’ideatore: «il gruppo e l’uso comune della parolaccia», «la comunicazione», «situazioni e momenti della vita sociale», «la presentazione di sé», il saluto, oltre a una parte dedicata a come devono comportarsi i ragazzi con le ragazze, e viceversa. «Il momento che attraversiamo è scoraggiante, ma proprio per questo ci siamo sentiti in dovere di fare qualcosa - spiega Soldaini - Abbiamo scelto di non voltarci dall’altra parte, bensì di affrontare il problema, di parlare con i ragazzi e provare a correggerli». Il compito di insegnare la buona educazione non spetterebbe, però, alle famiglie? «Naturalmente serve la collaborazione delle altre agenzie educative, in primis proprio la famiglia. E poi l’aiuto dei mezzi di comunicazione, visto che i ragazzi “assorbono” tutto quello che vedono in tv». Il corso è stato accolto con entusiasmo proprio da mamme e papà: «Ci hanno chiesto - dice Soldaini - di organizzare incontri con loro su questo tema». Poi il direttore torna su alcuni episodi che hanno fatto suonare un campanello d’allarme sul Lario: «I video offensivi girati con il cellulare in alcune scuole, gli episodi di bullismo, la rissa dell’altro giorno, i vandalismi in piazza Mazzini e piazza Cacciatori devono far riflettere. Non possiamo dare sempre la colpa agli altri, tutti facciamo parte della società e la scuola, in particolare, non deve rinunciare al proprio ruolo. Lo stesso vale per i genitori: quale esempio danno tanti adulti? Spesso sono irrispettosi, usano un linguaggio rozzo. Penso ai continui insulti tra automobilisti o alle parolacce divenute ormai un intercalare. E poi aggressività, violenza. Cerchiamo almeno di salvare le nuove generazioni…».
Michele Sada
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La chiesa inglese contro i social network
Secondo la Chiesa cattolica inglese i social network sono una pessima abitudine e, come tali, rischiano di portare chi li frequenta a spingersi troppo in là, arrivando addirittura al suicidio.

A parlare è stato Vincent Nichols, archivescovo della chiesa inglese e gallese, che al Sunday Times ha dichiarato che "l'amicizia non è una merce ma è qualcosa che si conquista con l'impegno" e dunque i social network fanno credere che gli amici si possano collezionare portando alla creazione di aspettative spesso irrealizzabili.

Nichols parla del caso di Megan Gillan, una ragazzina inglese di 15 anni che si è suicidita assumendo degli antidolorifici dopo essere stata vittima di bullismo virtuale sul social network Bebo.

Interessante però la scoperta del Times: su Facebook esiste un utente registrato come Vincent Nichols, che dichiara di essere arcivescovo di Westminster e che ha 336 amici.

Sarà lo stesso predicatore che sostiene che i social network sono dannosi? Da Westminster ancora nessun commento.
Tags: social network social network Chiesa cattolica Vincent Nichols bull
Regno Unito in testa per l'abuso di alcol tra i minori, le ragazze più a rischio

Secondo il report 'Doing Better for Children' dell'Ocse, le adolescenti britanniche sono quelle che si ubriacano di più in tutto il mondo industrializzato, superando i loro coetanei maschi commenta 0 vota 1 invia stampa
Roma, 2 set. (Adnkronos Salute) - Triste primato per le adolescenti del Regno Unito: secondo il report 'Doing Better for Children' dell'Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (Ocse), sono quelle che si ubriacano di più in tutto il mondo industrializzato, superando i loro coetanei maschi, specialmente attorno ai 15 anni d'età. Ma non sono le sole a detenere record preoccupanti: i teenager neozelandesi sono quelli con il più alto tasso di suicidi, mentre i turchi sono i più 'bulli'.




Secondo lo studio, i giovanissimi britannici vantano un'alta qualità nella vita scolastica, fondi pubblici a loro dedicati maggiori rispetto alla media dei Paesi occidentali, un tasso di povertà fra i più bassi e percentuali bassissime di bullismo. Nella vita privata, però, sono quelli maggiormente dediti all'alcol e, fra l'altro, i più esposti al rischio di gravidanze precoci. Secondo l'Ocse, considerando la proporzione di 13-15enni che si sono ubriacati almeno due volte in un anno, la Gran Bretagna ha ottenuto il punteggio più alto dei 24 Stati presi in considerazione. E il tasso di abuso di alcol fra i minori (33%) è quasi il doppio rispetto a quello di Stati Uniti, Francia e Italia. A proteggere gli adolescenti di questi ultimi due Paesi, secondo l'Ocse, l'abitudine di far bere un bicchiere di vino ai ragazzi in occasione di riunioni familiari, cosa che li salva dalla tentazione di provare qualcosa di proibito quando si trovano fra coetanei.
LA REGIONE ISTITUISCE IL GARANTE PER L'INFANZIA

Via libera all'istituzione del Garante per l'infanzia e l'adolescenza. Il Consiglio Regionale di martedì 24 marzo ha approvato il Progetto di Legge che istituisce e disciplina la figura del Garante dell'Infanzia e dell'Adolescenza. L'approvazione è giunta dopo un approfondito dibattito e la votazione delle molte mozioni all'ordine del giorno, segno evidente questo di quanto la materia in oggetto sia stata ritenuta delicata e importante dall'intero Consiglio regionale.
Quella approvata oggi costituisce un'opportunità concreta per il miglioramento dei servizi al minore nel territorio lombardo.
La Legge deriva dall'abbinamento di tre differenti progetti del 2005, 2006 e del 2007 e istituisce una figura che non andrà a sovrapporsi a competenze di altre istituzioni quali il Comitato di coordinamento per l'attuazione delle politiche intersettoriali destinate a minori con funzioni consultive e l'Osservatorio regionale sui minori ma esplicherà i propri compiti in raccordo con gli enti locali e gli organismi appositamente costituiti promuovendo collaborazione, raccordo, promozione e informazione.
L'istituzione del Garante trova la sua ragione nei repentini mutamenti sociali ed economici che degenerano in fenomeni di disagio minorile e conseguente discriminazione, esclusione sociale e abbandono scolastico.
Secondo la legge, il Garante offrirà un consulto super partes nel corso delle controversie riguardanti i minori e avrà il ruolo di promuovere la cultura, la tutela, la curatela anche tramite aspecifici corsi di formazione svolgendo un'attività di ascolto in merito alla violazione dei diritti dei bambini o alla presenza di situazioni di rischio.
Proprio per la peculiarità del proprio ruolo è stato stabilito che il Garante avrà una formazione approfondita e di impronta decisamente umanistica al fine di rispondere al meglio al delicato compito che gli viene assegnato.
Il consigliere Giovanni Bordoni, dopo aver espresso compiacimento per la legge approvata, ha rimarcato l'opportunità che si individuino i percorsi migliori per fare sì che l'istituzione del Garante abbia a risultare effettivamente utile alla soluzione dei problemi dell'infanzia e dell'adolescenza.
"Occorre che questa figura - ha detto Bordoni - lavori in stretta collaborazione con l'Assessorato competente al fine di realizzare un effettivo supporto alla soluzione dei delicati problemi che attraversa la gioventù di oggi, collaborando con le famiglie in primis e quindi con le istituzioni locali per rimuovere, ove possibile, le cause di disagio che portano a devianze e sofferenze alla società intera".
L'università approva
il codice anti molestie
Il 3 per cento del personale dice di averle subite
Tra loro anche alcuni uomini. Un esperto li aiuterà

VARESE «Mano morta» in università: un problema che evidentemente non riguarda soltanto il binomio professore-studentessa, più volte approdato sulle pagine dei giornali e persino al cinema. All’Insubria, infatti, il 3,2% del personale tecnico-amministrativo dichiara di aver subito molestie sessuali. E le vittime sono sia donne (3,8%) che uomini (2,2%). Questi numeri emergono da un’indagine sulla soddisfazione del personale, avviata nell’anno accademico 2005/06 e recentemente pubblicata nel bilancio sociale dell’ateneo curato dal Centro di ricerche su etica negli affari e responsabilità sociale, afferente al dipartimento di economia.
Sulla spinta di quell’indagine, che evidenziava anche una percentuale ben più significativa (14% dei docenti e 25,9% del personale tecnico amministrativo) di discriminazioni dovute al genere e all’età, piuttosto che a invidie e gelosie - è nato il «Codice di comportamento per la prevenzione e la tutela delle molestie morali e sessuali nell’ambiente di studio e di lavoro», promulgato con decreto rettorale del 26 febbraio scorso. Si tratta di un documento elaborato dal Comitato mobbing sulla base di un testo a suo tempo presentato dal Comitato pari opportunità, due organi attivi ormai da anni all’interno dell’ateneo insubrico. Il Codice, che tutela sia gli studenti che i dipendenti dell’università, è composto di 8 articoli. Si parte dalla definizione dei comportamenti perseguibili. «Per molestia si intende qualunque condotta che si manifesti attraverso atti, comportamenti, gesti, espressioni verbali o scritte aventi lo scopo o l’effetto di arrecare offesa alla personalità, alla dignità o all’integrità fisica o psichica di una persona». Il mobbing «è caratterizzato da una serie di atteggiamenti, atti o comportamenti, diversi e ripetuti nel tempo in modo sistematico, intenzionale ed abituale e aventi connotazioni vessatorie, aggressive, umilianti o denigratorie, contraddistinti - anche se formalmente legittimi - da un intento persecutorio ed emarginante». Le molestie sessuali, invece, includono non soltanto «le richieste implicite o esplicite di prestazioni sessuali offensive o non gradite», ma anche «apprezzamenti verbali sul corpo, il sesso, o l’orientamento sessuale; affissione e diffusione, anche in forma elettronica, di materiale pornografico negli ambienti di lavoro e studio».
Per aiutare le vittime di molestie e mobbing a tutelarsi, attraverso procedure informali o denunce formali, sarà istituita la figura del Consigliere di fiducia. A breve il Consiglio di amministrazione delibererà in merito all’entità del suo compenso e l’ufficio Affari generali procederà alla predisposizione del bando di selezione. La nomina dovrebbe avvenire entro l’estate.
Il volume presenta i risultati di un lavoro di analisi, studi e ricerche sui fenomeni di aggressività, violenza e bullismo tra i minori, con particolare riferimento all’ambito scolastico di un’area del Salento, condotti nell’ambito di un più ampio progetto di intervento sociale denominato CONTRASsisTARE, finanziato con fondi POR Puglia 2000-2006, Misura 6.5 “Iniziative per la legalità e la sicurezza”, Azione A), presentato dal Comune di Ugento (soggetto capofila), in partnership con il CTP-Ugento ed altri enti pubblici territoriali.
La prima parte del volume accoglie una serie di riflessioni che offrono un inquadramento teorico dei fenomeni studiati; la seconda parte accoglie i risultati di due ricerche sul campo: una sulle prepotenze nella realtà scolastica del Basso Salento; l’altra sul disagio e sulla devianza nei minori dei comuni del territorio salentino.
Ciò che emerge è che il fenomeno delle prepotenze e del bullismo ha natura multidimensionale e necessita di una visione d’insieme per essere affrontato: con riferimento al contesto scolastico, non servono interventi sul singolo ‘prepotente’, ma sono necessarie azioni sulla classe nel suo complesso, sulle relazioni che in essa si strutturano, al fine di giungere alla produzione condivisa di significati culturali e simbolizzazioni compatibili con il senso di appartenenza, la cooperazione, la tolleranza, la libera espressione. Infine sono auspicabili interventi sul fronte ‘credibilità istituzionale’, per dare alla scuola un’aurea capace di comunicare ai suoi ‘utenti’, attraverso tutti i suoi segni (aule, edifici, servizi, strumenti, organizzazione degli uffici, personale, arredi, ecc.), nessuno escluso, interesse,attenzione, progetto, impegno, in definitiva cura.
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